L’attenzione
Cos’è
Per prestare adeguatamente attenzione a un compito, occorrono alcune capacità:
- Calmarsi e mettersi tranquillo
- Ignorare stimoli esterni distraenti
- Isolare gli stimoli di interesse
- Rinviare altre fonti di gratificazione
- Organizzare l’ambiente in modo da agevolare la focalizzazione dell’attenzione
- Accorgersi di cali dell’attenzione per indirizzarla nuovamente sul compito
Queste capacità sono sintetizzate nelle tre componenti fondamentali dell’attenzione:
- Attenzione selettiva: capacità di rispondere solo agli aspetti rilevanti di un compito o una situazione, ignorando quelli non essenziali.
- Capacità attentiva: capacità di portare attenzione a più stimoli contemporaneamente.
- Attenzione prolungata: capacità di seguire le richieste del compito, senza distrarsi, per un sufficiente periodo di tempo
Dalla nascita fino ai 5 anni, lo sviluppo dell’attenzione è fatto di due fasi: fino a 1 anno di vita prevale il sistema di “orientamento/investigazione”, guidato dalla novità degli stimoli; dopo il primo anno emerge un sistema di tipo “controllato”, guidato e orientato al raggiungimento di obiettivi.
L’attenzione e l’autoregolazione si sviluppano soprattutto nella fascia di età compresa tra i 3 e i 10 anni, quando matura la corteccia prefrontale del bambino.
L’attenzione selettiva e focalizzata già a 7 anni sono sviluppate come negli adulti, mentre l’attenzione prolungata continua lo sviluppo fino agli 11 anni.
Gli aspetti motivazionali sono di fondamentale importanza nel mantenimento dell’attenzione a lungo termine. Infatti, anche molti bambini iperattivi e disattenti sono in grado di mantenere una buona attenzione per un periodo prolungato, ma solo su attività di grande interesse per loro.
Per mantenere l’attenzione su un compito entrano in gioco anche altre componenti cognitive, oltre a quelle dell’attenzione: gli eventi cognitivi, cioè il “dialogo interno” fatto di pensieri quasi automatici che accompagnano e influenzano il comportamento; i processi cognitivi e metacognitivi, cioè le modalità con cui il soggetto elabora le informazioni e la conoscenza e capacità di regolare queste modalità; le strutture cognitive, cioè presupposti automatici, convinzioni e significati che influenzano la percezione di sé, degli altri e del mondo.
ADHD – Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Cos’è
I sintomi di disattenzione e iperattività spesso sono difficili da individuare, perché:
- È normale che i bambini siano attivi e vitali
- È normale che nei bambini la capacità di concentrazione sia limitata
- È normale che i bambini non portino a termine quello che iniziano
- È normale che i bambini abbiano la testa tra le nuvole
Se, però, questo stato è più persistente, frequente e grave di quanto si osserva negli altri bambini e se compromette le relazioni e/o le abilità di apprendimento del bambino, potrebbe trattarsi del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD). Questo è evidente in bambini che, rispetto ai coetanei, hanno difficoltà marcate a rimanere attenti o a lavorare su un compito per un periodo di tempo prolungato.
La disattenzione, l’iperattività e l’impulsività sono considerati sintomi dell’ADHD, quando:
- compaiono prima del compimento dei 7 anni
- si manifestano in più contesti
- persistono per almeno 6 mesi
- la frequenza e la gravità dei sintomi sono tali da interferire con le attività sociali
e scolastiche - sono esclusi altri disturbi mentali con sintomi simili
Nonostante queste precisazioni, fino a 6 anni queste caratteristiche sono comuni nei bambini, perciò è importante che uno specialista ne valuti l’intensità, la frequenza e la persistenza.
I sintomi tipici possono essere distinti nelle tre diverse aree colpite.
Disattenzione
Non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione; spesso sembra non ascoltare quando gli si parla direttamente; spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti; spesso mostra difficoltà a organizzarsi; spesso evita di impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale prolungato; spesso perde gli oggetti necessari per i compiti e le attività quotidiane; spesso è facilmente distratto da stimoli esterni; spesso è sbadato nelle attività quotidiane.
Iperattività
Muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia; spesso lascia il proprio posto in situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto; spesso scorrazza e salta in modo eccessivo e in situazioni in cui è fuori luogo; spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi al divertimento in modo tranquillo; spesso è “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”; parla eccessivamente.
Impulsività
Spesso spara le risposte prima che le domande siano state completate; ha difficoltà ad attendere il proprio turno; spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti.
Nei diversi contesti, si possono individuare alcuni comportamenti caratteristici del disturbo.
In famiglia e comportamenti comuni
Attrazione per ogni fonte di distrazione; disorganizzazione e disordine; tendenza ad evitare attività che richiedono attenzione per i particolari o organizzazione; tendenza a dimenticare attività importanti; eccessiva attività motoria, sembrano “mossi da un motorino”, non rispettano tempi e spazi, non restano seduti; conflitti con i familiari.
A scuola
Mostrano interesse solo se fortemente motivati; difficoltà a portare a termine i compiti e frettolosità nell’esecuzione; imprecisione e sbadataggine; tendenza a rispondere male; tendenza a perdere il materiale scolastico; si alzano spesso dal banco o si muovono continuamente da seduti; disturbano la lezione o i compagni.
Nel gioco
Frequente perdita o dimenticanza degli oggetti; mancato rispetto delle regole e difficoltà ad osservare i turni; passaggio frettoloso da un gioco a un altro; preferiscono giochi di movimento o videogame; insofferenza per giochi strutturati; difficoltà nei giochi che richiedono uno sforzo di attenzione; difficoltà nel gioco di squadra.
Nelle relazioni
Inosservanza delle regole sociali; difficoltà a rispettare gli impegni; incostanza nelle amicizie; scarsa attitudine ad ascoltare gli altri e tendenza a cambiare discorso con frequenza; comportamenti inadeguati alla situazione; atteggiamento da leader poco attento agli interessi degli altri.
Questi comportamenti si incrementano nelle situazioni di gruppo, mentre si attenuano: quando il soggetto è guidato o monitorato da un adulto, quando partecipa ad attività particolarmente interessanti per lui, dietro la promessa di una ricompensa gradita, nei rapporti uno a uno.
Nella gestione del bambino con ADHD, da un lato è importante intervenire sui comportamenti disfunzionali, dall’altro occorre riconoscere e valorizzare le risorse del bambino, per favorire un adeguato sviluppo della personalità e dei livelli di autostima. Spesso, nei bambini con forme lievi di ADHD si riscontrano una forte creatività, una spiccata fantasia e una straordinaria vitalità. Inoltre, nonostante le difficoltà di attenzione, alcuni, se opportunamente motivati, possono focalizzarsi e appassionarsi a specifiche attività, in cui possono arrivare ad eccellere e in cui faticano meno a mantenere l’attenzione.
È importante fornire allo specialista più informazioni possibile sul bambino, per un’accurata valutazione. Prima di una visita dal medico può essere utile:
- Annotare tutti gli aspetti che riguardano la salute e il benessere del figlio, come umore, ritmo sonno/veglia, alimentazione, abitudini, comportamenti caratteristici, altre patologie ed eventuale assunzione di farmaci;
- Compilare un foglio con le proprie valutazioni rispetto ai sintomi osservati nel figlio;
- Raccogliere le opinioni degli insegnanti sul comportamento e il rendimento scolastico del bambino.
Interventi psicoeducativi
L’approccio psicoeducativo consiste in una serie di interventi accomunati dall’obiettivo di modificare l’ambiente fisico e sociale del bambino, per migliorarne il comportamento e l’adattamento sociale, riducendo i fattori esterni che favoriscono i problemi comportamentali.
Negli interventi psicoeducativi, i genitori hanno un ruolo diretto e attivo: a tale scopo, possono essere formati attraverso corsi specifici, chiamati parent training.
Parent training
Il programma di parent training è finalizzato a rafforzare le conoscenze dei genitori sul comportamento del bambino con ADHD e a incrementare le loro abilità di gestione, attraverso l’insegnamento di tecniche specifiche.
I corsi sono di 8-12 sessioni a cadenza settimanale, in gruppi di 5-6 coppie oppure singolarmente. Ai genitori viene insegnato un metodo per analizzare le situazioni e per identificare i fattori che favoriscono l’instabilità del bambino: gli antecedenti (eventi che predicono l’insorgenza di comportamenti negativi), i comportamenti-problema (analisi precisa di quello che il bambino compie) e le conseguenze (cosa succede dopo che il bambino ha manifestato un comportamento problematico).
In questo modo, i genitori possono vedere lo stretto rapporto tra le caratteristiche del bambino, le proprie e quelle delle situazioni contingenti.
Vengono anche insegnate alcune tecniche educative per la gestione del comportamento del bambino.
Training Cognitivo Integrato – Metodo Benso
Il Training Cognitivo Integrato – Metodo Benso è definito integrato, perché è un allenamento sia delle capacità attentive, sia degli apprendimenti specifici (lettura, scrittura, calcolo) che delle funzioni sottostanti necessarie a questi apprendimenti (linguaggio, visuo-percezione).
Il focus dell’allenamento è su ciò che risulta debole in fase di valutazione.
Il modello sostiene che tutti i tipi di apprendimento hanno bisogno di risorse attentive per realizzarsi; per cui un intervento abilitativo o riabilitativo deve estendersi anche alle componenti attentive.
Con il trattamento si espone gradualmente e direttamente il soggetto a “stress” attentivo-esecutivi crescenti. La gradualità permette di rinforzare il soggetto, il rinforzo alimenta la motivazione al compito, la motivazione amplifica le risorse disponibili per il compito.
Questo lavoro individuale va tarato sul singolo soggetto in modo che il sistema cognitivo sia stimolato al massimo livello.
È necessario somministrare il training con frequenza, pazienza e costanza per ottenere progressi. Vi deve essere un bilanciamento tra numero di ore settimanali e possibilità di mantenere il soggetto motivato sul compito; quindi il lavoro viene strutturato con una concentrazione in sedute brevi ma frequenti.
I genitori, il clinico di supporto o l’insegnate possono usufruire di un “pacchetto abilitativo” che dovrà essere monitorato e modificato durante il percorso. Questo compito spetta, tramite valutazioni in itinere, a un clinico di riferimento abilitato a valutare e supervisionare il buon andamento del training.
È importante considerare che l’ambiente e l’operatore stesso possono giocare un ruolo importante sulla motivazione del bambino, sull’impegno e di conseguenza sui risultati.
- “Impara ad organizzarti! Come insegnare l’ordine, la gestione del tempo, la concentrazione e l’autocontrollo” R. Branstetter ed It. A cura di G. Daffi (2106) Edizioni Centri Studi Erickson
- “Diagnosi dei disturbi evolutivi. Modelli, criteri diagnostici e casi clinici” Claudio Vio, Gianluca Lo Presti (2014) Edizioni Centri Studi Erickson
- “Attenzione e metacognizione. Come migliorare la concentrazione della classe” G. M. Marzocchi, A. Molin, S. Poli (2013) Edizioni Centri Studi Erickson
- “Disturbi dell’attenzione e iperattività. Guida per psicologi e insegnanti” E. A. Kirby, L. K. Grimley (2016) Edizioni Centri Studi Erickson
- “ADHD a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti” AA. VV. (2013) Edizioni Centri Studi Erickson
- “ADHD: Il mio libro di esercizi. 6-12 anni. Attività per sviluppare la fiducia in se stessi, le abilità sociali e l’autocontrollo”. L. Shapiro (2015) Edizioni Centri Studi Erickson