Cos’è
La Depressione Post-Partum è un Disturbo dell’Umore che, nei Paesi occidentali, colpisce circa il 10-20% delle madri.
È caratterizzata da:
- umore depresso
- tristezza o pianto incontrollato
- senso di disperazione, affaticabilità
- mancanza di interesse per le attività quotidiane e/o per il neonato
- disturbi del sonno e dell’appetito
- pensieri pessimistici
- presenza di sensi di colpa
- ridotta capacità di concentrazione.
Completano il quadro:
- preoccupazioni per la propria salute e quella del bambino
- mancanza di energie
- eloquio e movimenti rallentati
- (o, al contrario, agitazione e iperattività)
- sentimenti di autosvalutazione
- e, talvolta, pensieri sulla morte e sul suicidio.
Tale disturbo si sviluppa generalmente durante i primi tre mesi dopo il parto, sebbene in molti casi l’insorgenza possa avvenire anche dopo 6-8 mesi e prolungarsi fino ai 2 anni di vita del bambino.
Il disturbo riguarda principalmente le donne, che, dopo la nascita del bambino, possono sentire emozioni discordanti rispetto alla gioia dell’evento stesso, sviluppando un senso di inadeguatezza rispetto al loro ruolo e un disagio o a volte anche un rancore nei confronti del bambino che le assorbe completamente.
A volte questo disagio coinvolge anche i padri, con un maggiore incidenza nelle coppie molto giovani, senza una rete sociale e con pochi mezzi economici a disposizione.
Una certa instabilità emotiva nelle due settimane successive al parto è estremamente diffusa e transitoria. La gravidanza comporta infatti una profonda trasformazione nella percezione di sé, del proprio ruolo e della propria funzione sociale all’interno e all’esterno della famiglia. In questo quadro di profonde trasformazioni, è dunque del tutto naturale che la neo-mamma si trovi a sperimentare sensazioni di vulnerabilità, di fragilità, di insicurezza, spesso accompagnate da emozioni di ansia e di tristezza.
Questa forma di malessere lieve e transitorio assume il nome di “Baby Blues”, condizione di cui soffre una percentuale di donne compresa tra il 50% e l’84% e che si manifesta nelle prime due settimane dopo il parto. Tale condizione, che si protrae per 10-15 giorni dopo il parto, è caratterizzata da sintomi quali pianto, labilità dell’umore, irritabilità, umore depresso o ansioso.
Tale sintomatologia, del tutto fisiologica e passeggera, non richiede in genere uno specifico trattamento che vada al di là della comprensione e dell’ascolto empatico, associati alla rassicurazione rispetto al significato del divenire madre e alle difficoltà che tale compito comporta. Solo nel caso in cui la sintomatologia si accentui o si protragga nel tempo, si rende necessario predisporre una valutazione più approfondita.
Occorre anche differenziare la Depressione Post-Partum dalla Psicosi puerperale, disturbo psichiatrico molto raro che colpisce circa una donna su mille, caratterizzato da confusione, deliri, allucinazioni e notevole riduzione della funzionalità psichica della donna. Ha un’insorgenza improvvisa nella prima settimana dopo il parto e tra i disordini del periodo post natale è sicuramente quello più grave in termini di rischi potenziali per la salute della madre e del bambino e per l’elevato pericolo sia di suicidio che di infanticidio. In questo caso, è spesso necessario fare ricorso ad una valutazione psichiatrica, al ricovero in ospedale e all’uso di farmaci.
Fattori di rischio e fattori protettivi della Depressione Post-Partum
Sono state individuate alcune condizioni che aumentano la probabilità cha una mamma sviluppi una Depressione Post-Partum. Fra questi, possiamo citare:
- Episodi di ansia e depressione durante la gravidanza
- Recenti eventi di vita stressanti (lutti, separazioni…)
- Storia personale di depressione
- Mancanza di supporto sociale
- Conflitti con il partner
- Condizioni socio-economiche sfavorevoli.
Al contrario, sono stati individuati anche dei fattori in grado di modificare, migliorare e modulare il rischio di sviluppo del disordine depressivo.
Fra questi, è importante sottolineare:
- Presenza di una rete di sostegno
- Temperamento “facile” del bambino
- Buona autostima
- Rapporto di coppia sereno.
Secondo alcuni autori, anche i fattori socioculturali agiscono sulla Depressione Post-Partum come fattori scatenanti e aggravanti. Le famiglie spesso vivono in contesti non supportati da reti sociali adeguate, dovendosi per di più confrontare con false credenze e aspettative culturali che non corrispondono alla realtà, come ad esempio l’idea che la maternità sia un evento esclusivamente gioioso.
Di conseguenza alcune donne, senza esserne consapevoli, sviluppano una serie di aspettative idealizzate nei confronti della gravidanza e della maternità, e accettano acriticamente alcuni “miti” che dipingono quest’esperienza come esclusivamente positiva. Tali credenze appaiono irrealistiche e disfunzionali, in quanto non tengono conto del fatto che diventare madri implichi un notevole cambiamento di vita e di ruolo, caratterizzato da incognite e difficoltà. Inoltre, la pressione sociale che tende prevalentemente a dipingere il periodo dopo il parto come fonte esclusivamente di gioia e soddisfazioni indurrebbe le donne sofferenti a non chiedere aiuto, per la vergogna e il timore di essere etichettate come “cattive mamme”.
La durata media dell’episodio che caratterizza la Depressione Post-Partum sembra essere di alcuni mesi e in forme gravi può protrarsi fino a due anni.
I suoi effetti possono tuttavia ripercuotersi a lungo termine a differenti livelli.
In prima istanza la depressione materna può avere un impatto negativo sullo sviluppo emotivo, cognitivo e comportamentale del bambino, in quanto lo stato depressivo può portare la madre a stabilire uno scarso contatto visivo con il figlio, a stimolarlo poco, a non interagire con lui in maniera idonea o, al contrario, ad assumere con lui un atteggiamento eccessivamente intrusivo ed iperstimolante.
In entrambi i casi, c’è il rischio che si stabilisca uno stile interattivo impoverito e inadeguato con il bambino che, alla fine del primo anno di vita, può portare a difficoltà cognitive e socio-emotive.
Importanti ricadute, inoltre, possono esserci anche nella relazione con il partner. La Depressione Post-Partum è infatti associata ad una situazione di forte stress per il coniuge, che può essere causa di gravi difficoltà e complicanze nella relazione coniugale. In alcuni casi (circa il 4%), ad una depressione materna se ne affianca una paterna e laddove il padre è depresso i figli riportano più frequentemente tratti di iperattività e problemi del comportamento.
É di fondamentale importanza intervenire il più precocemente possibile. Poche donne in tali condizioni si rivolgono ai servizi per chiedere aiuto e sostegno. La possibilità, invece, di accedere ad interventi preventivi produce un’elevata percentuale di esiti positivi, rispetto al miglioramento della situazione della puerpera, soprattutto nelle donne alla prima gravidanza. In particolare risultano efficaci:
- interventi di tipo Educativo e Psicoeducativo (sulla genitorialità e sullo sviluppo del bambino);
- interventi di Supporto (ascolto empatico);
- interventi Cognitivo-Comportamentali;
- interventi diretti alla coppia genioriale riguardanti la Preparazione alla Genitorialità e alle difficoltà relative alla nascita di un bambino;
- Terapie interpersonali di gruppo pre e postatali;
- Visite a casa da parte di un pediatra o da parte di un’ operatore sociale.
Data la multifattorialità del fenomeno si possono considerare diverse modalità di intervento. Le differenti opzioni di intervento includono:
- il counselling individuale o di coppia: determina effetti positivi in termini di benefici sul tono dell’umore della donna e sullo sviluppo della relazione con il bambino. Il Counselling potrebbe essere utilizzato come strumento di prevenzione e cura da parte degli operatori del settore;
- la psicoterapia individuale: vari studi scientifici proverebbero la validità in particolare della terapia cognitivo-comportamentale, che si dimostra efficace nell’80% dei casi. Nelle Depressioni Post-Partum di lieve o moderata intensità, essa può essere utilizzata anche senza il supporto degli psicofarmaci, con un’efficacia comparabile;
- la terapie di gruppo;
- i gruppi di auto-aiuto.
Nelle forme depressive più gravi, la psicoterapia viene associata ai farmaci per ottenere un effetto sinergico e per motivare maggiormente il paziente alla cura. Le neomamme restano tuttavia spesso contrarie all’assunzione di farmaci nel periodo del puerperio.
Diverse ricerche mostrano che, nel lungo periodo, la psicoterapia cognitivo-comportamentale risulterebbe migliore rispetto alla sola farmacoterapia: i pazienti depressi trattati solo con farmaci antidepressivi, infatti, hanno all’interruzione una doppia percentuale di ricadute rispetto a coloro che si sottopongono anche ad una psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Al di là dei diversi trattamenti esistenti, ciò che è importante sottolineare è la necessità per le mamme di rivolgersi ad un professionista, anche solo per ricevere una corretta diagnosi. Va detto infatti che solo un numero limitato di donne depresse chiede aiuto e sostegno, spesso perché hanno sottovalutato, confuso, poco compreso il disturbo, o se ne vergognano. Invece, la consapevolezza che si tratta di un disturbo serio, sia per quanto riguarda l’elevata incidenza sia per le conseguenze a livello di qualità del benessere del bambino, della vita della donna, delle dinamiche relazionali e del benessere famigliare, deve spingere la neomamma a ricercare un aiuto in modo tempestivo. Tale aiuto, nella maggioranza dei casi, può consentire di ricominciare a vivere pienamente e felicemente questo importante periodo della vita.
- Donne in gravidanza e madri
- Padri
- Coppie
- Parenti
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