Cos’è
Il dolore è un fenomeno molto complesso, in cui agiscono più fattori:
- una componente più strettamente percettiva, derivante
- dall’attivazione dei nostri recettori per il dolore
- dalla successiva trasmissione al sistema nervoso centrale dell’informazione relativa alla presenza di uno stimolo potenzialmente dannoso per l’organismo
- una componente più di tipo soggettivo (la vera e propria esperienza del dolore) che deriva dai significati e dalle emozioni che attribuiamo a quella specifica percezione
Ciò significa che il nostro corpo reagisce, ad un determinato stimolo, producendo dolore ma la percezione di questo sarà mediata (aumentata o diminuita) dal significato che gli attribuiamo. Così, ad esempio, una stessa persona sarà in grado di sopportare le dolorose contrazioni del parto perché attribuisce ad esse un determinato significato (“servono per far nascere il mio bambino, questo dolore era previsto, so che è transitorio”) , e allo stesso tempo le sembrerà di non essere in grado di tollerare un improvviso mal di testa durante una vacanza, attribuendogli un significato estremamente negativo (“perché proprio ora, non lo voglio, mi sta rovinando tutto!!”) ed aggiungendo ad esso un importante carico di emozioni negative di tristezza, rabbia… in un pericoloso circolo vizioso.
Il significato che attribuiamo al dolore dipende anche dal contesto culturale e sociale in cui viviamo. In generale il mondo occidentale in cui viviamo tende ad attribuire sempre un significato negativo al dolore, come qualcosa da eliminare subito senza neanche ascoltarlo. E questo ascolto è estremamente importante perché il dolore è fisiologico, è un segnale d’allarme per l’organismo, essenziale per evitare un danno (percepire dolore quando appoggiamo la mano sul fornello caldo, ci permette di ritrarre la mano ed evitare una grave ustione). Questo non significa che dobbiamo soffrire e sopportare, soprattutto in quei casi in cui il dolore si auto mantiene, diventando una malattia (dolore cronico), ma significa che possiamo imparare a guardarlo ed ascoltarlo, e, in base a questo ascolto, agire sulla componente soggettiva (aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali) per gestirlo e ridurlo. Un intervento al dolore di tipo psicologico si propone proprio questi obiettivi ed è estremamente utile.
Sappiamo infatti quanto il dolore, rappresenti uno dei disturbi che maggiormente impattano sulla qualità della nostra vita, influenzando il nostro benessere, le nostre emozioni, la nostra autonomia, le nostre relazioni, le capacità di gestire i piccoli e grandi problemi quotidiani.
Il trattamento psicologico proposto, di tipo cognitivo-comportamentale, è un intervento definito e strutturato, la cui efficacia (anche a sei mesi di follow up) è stata ampiamente dimostrata sperimentalmente (Oakley et al., 1994; Pilowsky et al., 1995 ; Thorn et al, 2006; Turner et al, 2007; Vlaeyen et al 1995).
L’intervento prevede:
- una prima fase psicoeducativa, destinata anche ai familiari, il cui scopo è fornire informazioni sul dolore, sulle sue componenti fisiche e psicologiche,
- una fase di intervento il cui scopo è individuare circoli viziosi in grado di aumentare il dolore e fornire strategie per gestire e imparare a “stare” di più con il proprio dolore. Si insegnano ad esempio tecniche di rilassamento e di consapevolezza, si individuano e riducono i comportamenti (ad esempio muoversi sempre di meno) in grado di esacerbare la percezione del dolore, si lavora sul significato attribuito al dolore.
L’intervento di tipo psicologico, è inserito in un approccio multidisciplinare, associandosi sinergicamente al trattamento di tipo medico-farmacologico. L’efficacia di una tale azione terapeutica multidisciplinare è infatti, ampiamente documentata in letteratura (Simon et al., 2001; Flor et al., 1992; Malone et al., 1988).
Obiettivo ultimo dell’intervento è il miglioramento della qualità della vita personale, sociale e lavorativa del soggetto.
- Psicoterapia individuale
- Psicoterapia di gruppo (6-8 individui). Per l’intervento di gruppo sono previsti 10 incontri con cadenza settimanale (della durata di due ore ciascuno). È previsto un incontro dopo sei mesi dalla fine dell’intervento atto a valutare
- Individui con dolore cronico
- Flor H., Fydric T., Turk D.C. (1992) Efficacy of multidisciplinary pain treatment centers: a meta-analytic review. Pain 49, 221-230.
Malone M.D., Strube M.J. (1988) Meta-analysis of non medical treatments for chronic pain. Pain 24, 231-244. - Oakley M.E., McCreary C.P., Clark G.T., Holston S., Glover D., Kashima K. (1994). A cognitive-behavioral approach to temporomandibular dysfunction treatment failures: a controlled comparison. J Orofac Pain 8(4):297-401.
Pilowsky I., Spence N., Rounsefell B., Forsten C., Soda J. (1995). Out-patient cognitive-behavioural therapy with amitriptyline for chronic non-malignant pain: a comparative study with 6-month follow-up. O. Pain. 60(1):49-54. - Simon E.P., Folen R.A. (2001) The role of the psychologist on the multidisciplinary pain management team. Professional Psychology: Research and Practice 32(2),125- 134.
Kaplan KH, Goldenberg DL, Galvin-Nadeau M (1993) The impact of a meditation- based stress reduction program on fibromyalgia Gen Hosp Psychiatry. 1993 Sep;15(5):284-9. - J.Kabat-Zinn; Lipworth L., Burney R.,(1985) The clinical use of mindfulness meditation for the self-regulation of chronic pain. J Behav Med. Jun;8(2):163-90 Thorn BE, Kuhajda MC. Group cognitive therapy for chronic pain. J Clin Psychol. 2006 Nov; 62(11): 1355-66.
- Turner JA, Holtzman S, Mancl L. Mediators, moderators, and predictors of therapeutic change in cognitive-behavioral therapy for chronic pain.Pain. 2007 Feb;127(3):276- 86.
- Vlaeyen J.W., Haazen I.W., Schuerman J.A., Kole-Snijders A.M., van Eek H. (1995) Behavioural rehabilitation of chronic low back pain: comparison of an operant treatment, an operant-cognitive treatment and an operant-respondent treatment. Br J Clin Psychol. 34 ( Pt 1):95-118.