Le buone abitudini non sono innate, ma si possono apprendere.
Con il giusto metodo.
Corso di sopravvivenza
per mamme “appena nate”
alle prese con i problemi quotidiani del bimbo.
NON RASSEGNAMOCI, MA…RASSERENIAMOCI!
Il sonno è importante per qualsiasi essere umano, a maggior ragione lo è per un bambino. Nel sonno il cervello di un bimbo è impegnato a produrre una serie di nuove cellule cerebrali e di connessioni neuronali necessarie allo sviluppo mentale, emotivo e fisico.
La dimostrazione di ciò, è che i piccoli che hanno riposato bene si mostrano attenti, concentrati e a loro agio in ogni situazione. Un bimbo che non dorme in modo continuo e corretto, diventa invece facilmente irritabile e svuotato di energie.
Paradossalmente, poi, se è molto stanco, tende a innervosirsi ancora di più: condurlo al sonno sarà un’impresa sempre più difficile per i genitori.
I problemi legati al sonno possono essere di varia natura: difficoltà ad addormentarsi, continui risvegli, incubi notturni, insonnia… Sottovalutarli sarebbe un errore. Hanno un effetto anche sui genitori, che spesso si sentono in colpa perché il loro bambino non dorme. Inoltre, l’accumulo continuo di stanchezza e frustrazione rischiano di complicare la giornata lavorativa degli adulti.
Quello che purtroppo non viene spiegato ai genitori è che l’addormentamento, pur essendo un naturale bisogno fisiologico, necessita di essere appreso. Nella metodologia da applicare va tenuto conto che ogni bambino ha il “suo” sonno, determinato da diverse variabili, come i fattori genetici, ambientali e psicologici. O anche dall’instaurarsi involontario di cattive abitudini. Proprio per questo ogni bambino richiede un suo modo ‘personalizzato’ di essere condotto alla nanna.
Quale che sia il problema, è bene non scoraggiarsi, ma affrontarlo subito. Perché tutti possono imparare ad addormentarsi, ciascuno con i suoi tempi. E noi genitori abbiamo un ruolo fondamentale nell’insegnarglielo.
Pur essendo uno degli eventi quotidiani topici dello sviluppo infantile, spesso l’ora della pappa può trasformarsi in un momento difficile. Siamo portati a pensare che il passaggio dal latte materno (o artificiale) ai cibi solidi avvenga in modo graduale e naturale, senza troppi intralci. Questo, purtroppo, non sempre è vero.
É ormai noto che avere un buon rapporto con il cibo è fondamentale sia per le valenze emotive e sociali che porta con sé. Per questo le mamme che incontrano difficoltà nello svezzamento spesso si sentono in ansia, anche perché inconsciamente associano il rifiuto del cibo da parte del bambino con il dimagrimento e quindi con la malattia. In realtà si tratta di due cose molto diverse: se nutrirsi è un bisogno fondamentale, nutrirsi in modo corretto è un’abitudine che si impara ripetendo regolarmente le stesse azioni, finché queste non saranno definitivamente acquisite.
Quindi spesso il nostro bambino probabilmente mangia poco e male, non tanto perché inappetente, ma perché non ha ancora ben capito come si fa.
É importante affrontare questa fase evolutiva del piccolo serenamente e con una buona dose di pazienza, fermamente convinte, però, che possiamo educare i nostri figli ad una buona alimentazione.
Nei primi anni di vita (ma non solo) il gioco svolge un ruolo di primissimo piano. “É, infatti, giocando che un bambino comincia a conoscere gli oggetti (nel primo periodo anche con la bocca che è per lui un efficace mezzo di conoscenza); è giocando che egli simula situazioni immaginarie, inventando situazioni e personaggi, ed è sempre giocando che comincia a socializzare con i coetanei” (Da zero a tre anni, Piero Angela, 2000).
Il gioco è talmente importante che va considerato “il lavoro” del bambino, “una cosa seria, la più seria attività dell’infanzia” (Bruner). É il veicolo dell’improvvisazione e della combinazione, il primo tramite per comprendere le regole sociali. Nel gioco il bambino concentra tutte le sue facoltà: a differenza di altre attività, questa è l’unica dalla quale è totalmente assorbito con tutti i suoi sensi. Ed è proprio questa super-concentrazione a favorire l’apprendimento.
Spesso sottovalutiamo l’importanza delle attività ludiche e non ci rendiamo conto del ruolo che invece rivestono per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale del bambino.
Comportamento, visione del mondo, memoria, linguaggi, attenzione sono aspetti che derivano direttamente dal modo in cui un bimbo gioca.
Fin dai primi mesi è quindi fondamentale fare attenzione alle attività proposte, che devono essere sempre adeguate allo stadio di sviluppo in cui si trovano i bimbi.
Il percorso si articolerà in cinque incontri nei quali verranno affrontati i tre temi proposti (nanna, pappa, gioco).
Ogni incontro avrà la durata di circa due ore, durante le quali si affronterà ciascun argomento con l’aiuto dello psicologo. Si stimolerà, inoltre, il confronto e l’approfondimento dei vissuti dei partecipanti, aiutandoli a gestire difficoltà e dubbi.
Si prevede inoltre la possibilità:
- Di creare percorsi ad hoc per piccoli gruppi su particolari tematiche dell’età evolutiva.
- Colloqui individuali per affrontare con serenità la relazione madre-bambino e sciogliere eventuali ansie e preoccupazioni.